Il ragno e l’iguana di Elisa Vangelisti (estratto dal volume omonimo – Cap. 25 riveduto)

Rimasi in piedi di fronte a lui a perdermi tra i suoi baci per un po’. Mi stringeva con attenzione per non esagerare, facendo scivolare le mani sul mio pigiama con gentilezza, molto lentamente.
Mi prese in braccio portandomi a letto e nella penombra della stanza lo spogliai un po’ alla volta. Mi ero aggrappata a lui come al solito, mentre mi baciava senza fermarsi, in preda a una frenesia che aveva bisogno di sfogarsi in maniera più marcata del solito. Mi voleva. Mi voleva subito e finalmente sembrava che fosse il momento giusto. Mi diede una mano se era necessario e per il resto mi lasciò fare. Le mie mani scivolarono lentamente dal collo al torace, frugando nella camicia, slacciando un bottone dietro l’altro. Cercavo di essere concentrata in quel che stavo facendo per non perdere il coraggio.
Non avevo mai fatto nulla di simile, prima. Né con lui né con nessun’altro. Avrei dovuto essere un po’ timida, forse, ma in realtà non era così. Ero curiosa. Trovavo ogni aspetto del suo corpo così intrigante da non fermarmi neppure a pensare alle conseguenze di quel che stavo facendo. Quando la mia mano scese a perlustrare la zona pericolo mi sfuggì un sospiro: non me l’aspettavo.
La sua pelle era morbida come il resto del suo corpo o, se possibile, ancora di più. La dolcezza di quella pelle di seta, però, era ingannevole, perché sotto la superficie pareva essere fatto d’acciaio.
“Stringi” me lo soffiò all’orecchio, la voce bassa, nessun tremito e respiro spezzato, ma sapevo che gli piaceva. Gli piaceva senz’altro. Era difficile per lui riuscire a dimostrarlo, ma – non essendo più completamente umano – parlare era l’unico modo per compensare questa sua mancanza.
La prepotenza del suo desiderio era lì di fronte a me, esibita come sempre, del resto; ma trovarmela fra le mani fu tutta un’altra cosa.
“Non essere timida, Rynn, non ti mangio” mi sfuggì quasi una risata. Sul fatto che non mi mangiasse ci sarebbe stato da discutere.
“Non sono timida. Ho paura di non sapere molto bene quello che devo fare…” mi sollevò il viso con due dita, quando gli occhi s’incrociarono mi cedettero quasi le gambe, fra le quali stava accadendo qualcosa di molto strano. Lui non disse nulla. Si limitò a togliere la mia mano dai suoi boxer e poi iniziò a leccarla, infilandosi le dita in bocca come se volesse mordermi.
La saliva era una delle poche cose umane che gli restavano e non serviva solo a chiudere le ferite dei suoi denti su di me, evidentemente. Mentre passava coscienziosamente la lingua sul mio palmo e fra le dita, mi sembrava di sentirla addosso altrove. Poi, quando sentì di essersi impegnato abbastanza, la rimise dov’era.
“Stringi. Sai che non puoi farmi male. Muovi quella mano, Rynn. Sai che non vedo l’ora di essere dentro di te, ma ancora è presto” chiusi gli occhi sentendolo duro e tiepido fra le mie dita. Non ero per niente d’accordo, desideravo solo farlo. Subito. A qualunque costo. Contro qualunque timore. Lo amavo così tanto.
“Prendimi” il suo sesso fra le mie dita sembrava urlare di desiderio e prendendoci confidenza pareva si gonfiasse ancora, se possibile. Mi trattenevo dal mordermi le labbra solo per lasciarle totalmente a sua disposizione. Mi sentivo vergognosamente bagnata, giù in basso, la seta del pigiama era madida di certo, non avevo bisogno di controllare. Non avrei raggiunto quel livello di eccitazione nemmeno toccandomi da sola e in quel momento non mi stava proprio toccando nessuno. Avrei voluto che lo facesse: gli sarebbe piaciuto?
Arrivò, il bacio. Sentirmi la sua lingua fresca in bocca mentre lo masturbavo mi diede la scossa, un effetto a voltaggio letale. Una scintilla vitale scaturita da lui e da me, potenziata al massimo dal sentimento che ci animava e ci faceva perdere la testa. La tensione continuava a salire e avevo paura di non riuscire più a pensare. La sua eccitazione si fondeva con la mia trasformando il desiderio in una forma sottile di dolore. Avrei voluto morderlo, morderlo e basta, ma non lo feci, perché appena mi fece riprendere fiato mi parlò sulle labbra e le sue parole erano l’unica dimostrazione chiara di come si sentiva.
“Non sei pronta”.
“Sì invece” ansimai posando la bocca contro la pelle tiepida del suo collo. “Sono così pronta che non ne hai un’idea. Non mi sono mai sentita così… così…” ma non potevo continuare, perché non trovavo le parole.
“Lo spero, Rynn, spero di piacerti” spero di piacerti? Il mio ragazzo era un vero idiota. Stavo per prendere fuoco, altro che piacermi!
Ci inginocchiammo sul letto e Gabriel si mise dietro di me, portandomi le mani sui bottoni del pigiama per farli uscire uno ad uno, mentre mi annusava il collo. Aprì la bocca mordendomi per finta e fece scivolare via il pigiama dalle braccia. Indossavo ancora i pantaloni, ma lo sentivo appoggiato contro di me in maniera tale che era come se non avessi niente addosso.
Posò entrambe le mani sul mio stomaco, facendole poi scomparire oltre l’elastico dei pantaloni, mentre mi baciava piano il collo e dietro l’orecchio. Mi sentivo bruciare. Percepivo il suo corpo fresco in maniera vaga, come attraverso la nebbia di un geyser.
Mi accarezzava pigramente come se non dovesse andare oltre a questo. Iniziavo a rantolare. Pensavo che non mi sarei sentita mai più eccitata di così, ma mi sbagliavo. Mi sdraiò sul letto e sollevai i fianchi per togliere i pantaloni, poi mi baciò nel punto in cui prima mi stava accarezzando.
E allora persi davvero la ragione.
La sua lingua morbida si scontrò contro la punta di un iceberg in fiamme. Ardevo. La mia passione esplose contro la sua bocca e lanciai un urlo che smorzai contro un cuscino. Lo sentivo bagnarmi, accarezzarmi, esplorare ogni piega ed ogni anfratto con una lentezza straziante.
“Ti amo, Rynn. Piccola ragazzina perversa, ti amo da morire” me lo sussurrò in mezzo alle gambe, mentre mi spalancavo sotto l’assalto dei suoi baci.
M’inarcai contro di lui presa da una frenesia che sommerse ogni cosa: la prudenza, la paura, la fiducia, persino l’amore. Non ero altro che questo, come creta fra le sue mani. Avrebbe potuto fare tutto quello che gli sarebbe passato per la testa ed io non l’avrei fermato.
Con il leggero velo di razionalità che mi era rimasto, capii perché avesse insistito tanto sul fatto che dovevamo provare di giorno. Non so come si sentisse Gabriel ma, nello stato in cui ero io, se la situazione fosse stata ribaltata l’avrei prosciugato fino all’ultima goccia.
Lo chiamai quasi piangendo, avevo bisogno di sentirmelo contro, subito. Lo cercai con le mani e allora coprì il mio corpo con il suo. Poi, baciandomi sulla bocca e senza aspettare ancora, entrò dentro di me.
Lo desideravo così tanto che istintivamente sollevai i fianchi andandogli incontro. Sentii un dolore improvviso e bruciante che mi fece tornare di botto sul materasso, oltre al quale però non potevo andare. Gabriel mi sussurrò delle parole che non riuscivo a capire, ma il tono della voce bastò a tranquillizzarmi. Me lo aspettavo. Restammo immobili per un momento, poi lentamente lui ricominciò a muoversi, riprendendo a baciarmi.
Capivo perché mi aveva bagnata tanto, perché avesse preteso lo stesso per lui, perché aveva voluto aspettare che il desiderio mi rendesse così umida da grondare desiderio fino in mezzo alle cosce. Per lui. Perché riuscissi ad accoglierlo senza che infastidisse troppo la mia carne tenera di vergine inesperta.
Bruciava. Sentivo un dolore che si faceva via via sempre più lieve ogni volta che si sollevava e tornava a spingersi dentro di me. Era dolcissimo e non so quanto gli costasse essere così delicato. O forse no: forse era normale così. A volte in certi film vedevo scene di passione più violente e mi ero sempre chiesta che tipo di desiderio avrebbe condotto due esseri umani ad essere così ferocemente presi dal godimento da non avere nessun tipo di riserva. Ero inesperta, ma non ingenua ed era chiaro che la prima volta era necessario una specie di rodaggio. Se non altro per me.
Avevo le mani abbandonate oltre al cuscino, gli occhi chiusi e le cosce leggermente sollevate: mi venne in mente il quadro che mi aveva tanto colpita nell’atelier. Poi nella mia testa non rimase più spazio per nulla.
Sentivo un piacere sottile che mi attraversava a ondate, che aumentava lentamente e combaciava con il movimento dei suoi fianchi su di me. Lo strinsi afferrandolo per la schiena, senza dire niente. Aprii un attimo gli occhi rapita dalla curiosità, senza più l’ombra di imbarazzo. Era fulgido e lucente come la stella del mattino e aveva gli occhi chiusi. Era bellissimo. Gli baciai la mezzaluna sulla tempia e sorrisi. Poi il piacere divenne più forte, mi sovrastò al punto che mi lasciai condurre senza oppormi e richiusi gli occhi anch’io. Allora mi lasciai andare e non decisi più nient’altro.