Semplicemente Ciao di Monica Pasero

Ciao, io e te non ci incontreremo mai o forse un giorno ci vedremo per strada e tu eviterai il mio sguardo abbassando la testa, oppure giocherellando con il cellulare o l ‘orologio farai finta di fare qualcos’altro di molto importante, ma non mi guarderai negli occhi, forse mi darai una breve occhiata per curiosità,soffermandoti a pensare quanto sei fortunato a non essere come me, può darsi pure che dopo scuoterai la testa impietosendoti e farai un sorriso di circostanza a mia madre accanto a me come per dire “Le sono vicino!”.
Proseguirai per la tua strada preso nei tuoi mille impegni , il mio ricordo svanirà prima che giri l’angolo,di me non ti resterà più nulla, solo quella spiacevole sensazione che si sente quando per sfortuna o per caso ci s’imbatte nella realtà dei diversi.
Per me sarà diverso, fermerò il mio cammino e tirando la camicia di mia madre chiederò chi sei?.
Lei mi dirà che non lo sa, che sei un signore che passava da quella strada ,ma io non mi accontenterò e nella mia ossessione lo chiederò almeno altre 50 volte chi sei, fino a che, mia madre esasperatati darà un nome,ma poi vorrò sapere dove andavi e perché mi hai guardato se poi non mi hai nemmeno salutato? Così insisterò per la prossima ora con mia madre, chiedendo il perché tu avessi agito così.
Alla fine mia madre mi dirà che eri di fretta e che la prossima volta mi saluterai. Tornerò a casa con te in testa, pensando, ma dove doveva andare così di fretta per non potermi fare un saluto? Io in fondo ho mosso per ben due volte la testa nella sua direzione ,io lo salutato!
Certo non ho detto “Ciao” perché quello lo dico solo a chi conosco bene come a mia sorella che saluto ogni volta che mi passa davanti o mia mamma o mio papà li saluto sempre, a volte s’arrabbiano perché dicono che basta una volta. Macché significa solo una volta? Appena li vedo davanti li saluto, li conosco e li saluto,ma saluto anche gli estranei a mio modo, non sono maleducato, mamma me l’ha insegnato da piccolo che si deve sempre salutare per educazione.
Finalmente arrivo a casa prendo il mio quaderno a quadretti e la mia penna nera,oggi farò un elenco di nomi dei mie compagni di scuola, mi piace fare gli elenchi mi rilassa, mi mette in ordine le cose che si accumulano nella mia testa, ho bisogno di ordine per stare bene.
Scrivo tutti i nomi dei miei compagni poi i miei professori poi mamma, papà, mia sorella ed io ed infine nella lista metto Davide così si chiamava quel signore incontrato in quella strada stamani.
Mi rilasso, sorrido, ora posso proseguire la mia giornata. Penso che mi trasformerò,mi piace tanto mascherami, nel mio armadio ho una scatola piena di costumi fin da quando ero piccolo, mamma li vuole buttare, ma io non voglio e li tengo tutti nella scatola. Ogni giorno recito una parte, oggi mi vestirò da Davide si dico sorridendo poi indosso la camicia quella della festa, poi prendo in prestito la giacca di papà tanto lui non la usa mai. i jeans già c’è l’ho. Davide li aveva più scuri, ma andranno bene pure questi credo.
Disegno un paio di baffi con il pennarello, mi guardo allo specchio sono soddisfatto, Beh ! ho gli occhi nocciola io i suoi erano verdi, ma non posso colare gli occhi dico a me stesso.
Prendo il cellulare di mamma in mano, sono davvero uguale a Davide penso.
Ora recito nella mia stanza con i miei pupazzi che si trasformano in me e in mamma che passeggiamo in centro come stamani.
Io sono Davide mi fermo e sorrido al pupazzo che impersona me, il pupazzo scuote la testa, mi sta salutando io dico “iao Abele!”
il pupazzo mi risponde: “Ciao Davide!”