Un drastico gesto di Luigi Bonzanini

In effetti, a causa d’una sequela imprevista di penose esperienze, il mite ed ingenuo Domenico Sangallo, anziano musicista ormai in pensione, era progressivamente caduto in preda ad una curiosa forma di ossessione.
Praticamente nel giro di pochi mesi il suo umore s’era fatto sempre più cupo e il suo comportamento era divenuto imprevedibile fino al limite della bizzarria.
Si era segretamente convinto d’aver sprecato la propria vita inseguendo falsi valori e lasciandosi abbindolare da persone di pochi scrupoli che avevano carpito la sua buona fede per portarlo infine quasi al tracollo finanziario.
In realtà, il principale artefice dei suoi guai era stato lui stesso con la sua ingenua fiducia nelle apparenze più vacue del mondo e del suo prossimo, assecondata da una razionalità piuttosto grossolana e colma di luoghi comuni.
A Sangallo restava ormai soltanto un amico fidato: il portiere dello stabile in cui abitava; un vecchietto bonario e senza pretese che rispondeva al nome di Gondrano Scopettone.
Costui conosceva i più intimi segreti del Sangallo come del resto era al corrente di tutti i fatti del caseggiato e, da integerrimo portiere quale tutti lo ritenevano, sapeva ascoltare senza commenti e soprattutto sapeva tenere per sé le magagne di cui era a conoscenza.
La sera della vigilia di Natale Domenico Sangallo, rientrando nel suo malinconico appartamento da scapolo, passò come sempre davanti alla guardiola dello Scopettone e, preso da un’improvvisa smania di confidarsi, rivolse al suddetto una frase decisamente inquietante:
“ Ormai ho deciso: è per domani!… ”
Gondrano Scopettone strabuzzò gli occhi e, con un tono pieno d’apprensione, reagì:
“Ma come, per domani?!… Ha pensato bene alle conseguenze?… Rifletta prima di fare una tale fesseria!…”
Sangallo, con il volto tirato e un’espressione dura nello sguardo ribadì:
“Devo compiere qualcosa di estremo per avere la mia rivalsa su questa umanità vigliacca! Ho deciso per domani e la mia decisione è ineluttabile!… ”
“Ma chi ve lo fa fare?!… Nessuno capirà il perché e l’unico che ci rimetterà sarete solo voi, come al solito!… ”
Indifferente ai saggi consigli del portiere, Sangallo, con lo sguardo spiritato fisso nel vuoto, gettò là un’ ultima frase lapidaria:
“Occorre un esempio, un grande sacrificio per smuovere le coscienze inerti di questa gente arida e bolsa!… ”
Gondrano, con aria desolata, non poté fare altro che scuotere la testa e chinare il capo mentre l’anziano musico s’avviava verso le scale.

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Giunto nel suo silenzioso appartamento Sangallo si tolse il cappotto e, senza neanche cenare, passò la serata fissando tristemente dal balcone la strada illuminata a festa. Verso mezzanotte s’addormento sulla poltrona del salotto.
Si svegliò circa alle sette del mattino con lo stomaco che brontolava per la fame e il collo dolorante per aver dormito in una posizione innaturale.
Sbirciò fuori dalla finestra e restò stupefatto per quel che vide: durante la notte era caduta la neve e una fitta coltre bianca ricopriva ora tutta la strada sottostante, i tetti delle case, le siepi dei giardini e gli alberi spogli.
Storse la bocca in un ghigno amaro e sussurrò fra sé:
“Ma bene!… Qualcuno lassù vuole complicarmi le cose!… Ma io non demordo!… Ormai ho deciso per oggi e oggi sarà!…”
Passando per il corridoio gettò uno sguardo distratto al grande specchio che ne ornava la parete e rimase quasi spaventato dal furore che i suoi occhi spiritati tradivano. Anni di umiliazioni e solitudine sarebbero stati riscattati da ciò che si accingeva a compiere; inesorabilmente tutto il mondo si sarebbe finalmente accorto di lui e sarebbe rimasto attonito dinanzi al suo coraggio ed alla sua incrollabile determinazione.
Entrò nella camera da letto e lentamente, con gesti calmi e studiati, cominciò a togliersi la cravatta, poi la camicia, la canottiera e via di seguito.

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Più o meno nello stesso momento, il portiere Gondrano era intento a spazzare di malavoglia la neve dal marciapiede di fronte allo stabile. Maneggiava la scopa con gesti meccanici e fiacchi dato che la sua mente era decisamente altrove: pensava al vecchio Sangallo e al drastico gesto che intendeva compiere.
“Quello è talmente matto che può fare veramente una fesseria!… Bisognerebbe avvertire qualcuno.  Ma chi?… Non ha parenti, non ha nessuno, neanche uno straccio d’amico!… Forse sarebbe il caso di chiamare il 113!.. Ma se poi non succede niente, la figura del fesso la faccio io! ”
Un vero dilemma senza scappatoie. Con la scopa in equilibrio sulla spalla, Gondrano s’avviò verso la sua guardiola dove l’aspettava un bricco di caffè fumante.
Mentre lo sorbiva un sorso dopo l’altro, dalla tromba delle scale silenziose gli parve di percepire lo scatto d’una serratura. Fu come se un segnale d’allarme fosse scattato dentro di lui: posò la tazza di caffè e, veloce per quanto glielo permetteva l’età avanzata, si precipitò su per le scale fino al primo piano dove abitava Sangallo. Quando giunse sul pianerottolo tutti i suoi peggiori presagi parvero avverarsi: Sangallo era ritto sulla soglia spalancata del suo appartamento con gli occhi sbarrati che fissavano il nulla davanti a sé e, perduto in un suo segreto delirio, biascicava frasi sconnesse del tipo:
“La mia riscossa è giunta!… Tutti mi devono vedere!… Sono un simbolo!… Sono  l’unico puro e innocente in un mondo ipocrita!…”
Con le mani fra i radi capelli, Gondrano  Scopettone lanciò un gemito di scoramento e poi strillò:
“Oddio, l’ ha fatto sul serio!… L’ ha fatto sul serio!… ”
Pallido come uno straccio, si portò le mani agli occhi per non vedere l’orrore che stava davanti a lui e, in effetti,  nessuno avrebbe potuto dargli torto dato che Domenico Sangallo, nudo come un verme, avanzò a passi decisi sul pianerottolo e lentamente, con plateale compiacimento, gli passò accanto per poi scendere lentamente le scale  e, una volta giunto nell’androne, s’avvio speditamente verso il portone dal quale schizzò fuori a braccia levate nell’aria gelida calpestando la neve fresca coi piedi nudi e continuando a blaterare:
“Sono un essere puro!… Sono un fanciullo gentile!… Non abbiate paura: fate come me e sarete mondi!…”

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Purtroppo lo sventurato aveva scelto male il tempo ed il luogo per la sua esibizione in costume adamitico, stante che la mattina del giorno di Natale verso le sette quasi tutta l’umanità indugiava volentieri sotto le coperte dopo una serata di festeggiamenti. Oltre al Gondrano, l’unica testimone del gesto provocatorio fu una vecchia ottuagenaria che per tempo si stava recando in chiesa per la funzione mattutina.
Mentre camminava quieta e trasognata lungo il viale che portava alla chiesa, la signora Orietta Beccacivetta, tale era il nome della poverina, vide d’un tratto sbucare da una strada laterale il Sangallo che avanzava verso di lei a passi incerti con le braccia tese verso il cielo e con gli attributi in bella mostra, ululando:
“ Sono un fanciullo gentile!… ”
Doveva aver percorso circa un centinaio di metri correndo senza meta nella neve dato che il volto appariva già cianotico e le gambe magre ed ossute arrancavano tremanti facendolo barcollare.
Impietrita dallo stupore e dall’orrore, la Beccacivetta riuscì a stento ad emettere un gemito strozzato per poi accasciarsi di schianto sulla neve che fortunatamente attutì la caduta. Sconvolta e tremante, poté a malapena scorgere la sagoma ignuda del vecchio garrulo che le passava accanto per poi allontanarsi barcollando verso il centro cittadino.
A questo punto le urla dello sciagurato lentamente si fecero sempre più fioche e il viale deserto ripiombò nel silenzio ovattato ed irreale di quello strano mattino d’inverno. Dopo circa un minuto, trafelato e spaventato, apparve il portiere Gondrano, chiamando a gran voce:
“ Sangallo, Sangallo, per carità, torni a casa!… Si piglierà un malanno e poi daranno la colpa a me! ”
Ma ormai Sangallo, perduto nel suo delirio, non lo poteva più sentire e anche se lo avesse udito…

25 dicembre 2006