7 Piani d’attesa (dall’antologia “Non premete quel bottone”) di Andrea Leonelli

Apro il portone del palazzo, entro, mi attende la porta chiusa dell’ascensore. Accendo la Luce delle scale, faccio due passi e premo il bottone di chiamata.
E’ al 7° piano
Lo confesso, temo gli ascensori e le “allegorie” ad essi legate!
Quando la cabina arriva, ovunque io sia, a casa o altrove, provo sempre un brivido mentre si aprono le porte.
Ho la paura, immotivata poiché è statisticamente improbabile che accada, di trovare un cadavere nell’ascensore, un corpo devastato e schizzi di sangue sparsi su tutto l’interno; saranno stati i troppi film che ho visto.
6° piano
Un’altra paura che spesso mi assale, e che ha a che fare con gli ascensori e quello non tanto di rimanerci chiuso dentro, in quel caso è solo questione di attendere, salvo catastrofi più o meno innaturali che possano lasciarti intrappolato nella cabina con pochissime speranze di essere tirato fuori, tipo terremoti, black out dovuti a guerre e vari cataclismi, o attacchi nucleari. Allora meglio essere colpiti in pieno che rimanere sepolti vivi a tempo indeterminato senza neanche sapere se sia o meno il caso di sperare.
Sepolti vivi, ma con appena un poco più di spazio dove disperarsi, soffrire e impazzire di terrore.
Per fortuna adesso ho smesso di fumare, altrimenti in casi come quelli mi sarebbero state necessarie stecche intere di sigarette.
5° piano
Se poi l’attesa si protrae? Indubitabilmente affiorerebbero alla coscienza tutti i bisogni biologicamente indispensabili. Bere, mangiare, liberarsi. Tutte desideri corporei poco facilmente esaudibili se le attese si dovessero protrarre per tempi relativamente brevi, a scapito di perdite di dignità colossali nel momento del riguadagnare la libertà dalla temporanea bara verticale.
Viceversa, quando non sia nemmeno concepibile di venire salvati immagino ci si abbandoni alle più abiette attività regredendo ad uno stato semibestiale, rifugiandosi se possibile nell’incoscienza.
4° piano
Per farvi un esempio: siete in ascensore e state rientrando a casa dopo una dura giornata di lavoro, già pregustate una doccia calda, divano, film, cena, relax assoluto e poi a letto a farsi una dormita che domani è domenica. Avete già le chiavi in di casa in mano quando un boato e uno scuotimento afferrano la cabina dell’ascensore scuotendola come un bimbo scuote le note uova di cioccolato per sentire che sorpresa c’è dentro.
Sorpresa, siete Voi la sorpresa, e quando lo scuotimento finirà nessuna infantile manina gigante vi estrarrà dal guscio. Anzi, rimarrete li spaventati e contusi nella migliore delle ipotesi, fratturati o peggio in scenari meno idilliaci.
Credete verrà qualcuno a salvarvi? Fra quanto? E quanto resisterete al dolore, alla sete, alla fame, al buio, già perché la luce sarà saltata, alla polvere, all’ignoranza, alla pura e semplice paura che vi cresce dentro…
L’angoscia del sentire i vostri richiami d’aiuto ignorati, l’incertezza sulla sorte dei vostri cari, e secondo la stagione, il caldo soffocante o il freddo gelido; quest’ultimo sicuramente insinuerà le sue dita gelide lungo la vostra colonna accompagnando il brivido agghiacciante al terrore.
3° piano
Cerchiamo di non essere poi troppo tragici. Può anche capitare un semplice arresto per guasto. Magari l’ascensore si ferma, ma non al piano e voi riuscite ad aprire le porte. Vedete quello spazio a vostra disposizione? Può essere ampio o angusto ma “percorribile”: avrete il coraggio di farlo?
E se l’ascensore si muovesse? Un simpaticissimo effetto ghigliottina, che poi sia riferito alla testa, e li chiudiamo la storia, o semplicemente a un arto, nel qual caso la cosa può farsi un filo più angosciante. Rimarreste poi chiusi dentro la cabina in compagnia del vostro moncherino maciullato zampillante sangue. Maciullato e/o strappato poiché l’ascensore non ha la precisione di un bisturi e nemmeno quella di un coltello, e poi “schiaccia e strappa”, insomma, non fa un lavoro pulito. Ma se recide un grosso vaso sanguigno arterioso, le possibilità di sopravvivenza sono simili a quelle di una decapitazione.
Certo che di queste cose ce ne hanno fatte vedere nei film: arti, teste, persone tagliate a metà come negli spettacoli di magia, però di solito sono un tantino più cruenti nei film.
2° piano
Altro incubo, trovarsi nella cabina con uno sconosciuto e convincersi che sia un pazzo, un molestatore, un assassino criminale e dover stare chiusi li dentro con questa follia su gambe che magari si avvicina, e l’ascensore sale lentamente, ti sembra che vada sempre più lento, talmente piano che credi si sia fermato e ti fai prendere dal panico e vuoi uscire, comincia sudare e quando senti il “Tlinn” che annuncia l’arrivo al piano sobbalzi talmente violentemente che stai per urlare poi la porta si apre balzi fuori, ti giro spaventatissimo e bianco in volto come un fantasma e trovi una persona normalissima che ti guarda con curiosità e ti dice “Buongiorno!” mentre l’ascensore si richiude e tu resti li con la tua figura da deficiente a darti schiaffi in faccia mentre cerchi di smettere di tremare
1° piano
Wow, ma che pensieri macabri. Io ora dovrei salire in quella trappola mortale? In balia degli eventi e del caso? Della cieca fortuna e della sfortuna che ci vede benissimo? Ci sto ripensando. Magari salgo le scale che fanno anche bene alla salute.
Piano terra
Apertura Porte
Entro nell’ascensore e premo il tasto del mio piano, il sesto.
Guardo le porte chiudersi scorrendo e aspetto la sensazione di schiacciamento alla partenza verso l’alto.
Una mano si insinua fra le ante un attimo prima della loro completa chiusura, ma senza interrompere la fotocellula. Chi sarà mai questo deficiente, mi chiedo mentre penso che dovrà forzare l’apertura delle porte per riuscire a salire.
Poi mi cade l’occhio sulla mano: bianca, cadaverica, sembra la mano di un morto, le vene blu in evidenza.
Atterrisco e mi paralizzo. Sudore freddo comincia a scendermi lungo la schiena.
Alla fine accompagnate da un grugnito bestiale le porte si spalancano. Due zombi, bianchicci, coi vestiti stracciati si avvicinano a braccia tese verso di me. Mi guardano strano mentre mi accascio sul pavimento dell’ascensore svenuto.
Riprendo i sensi e vedo ancora davanti a me i due zombi che appaiono stranamente e umanamente preoccupati per me, mentre mi sventolano.
Poi uno dice all’altro, in un perfetto e comprensibilissimo italiano:
“Adesso è sicuro, quest’anno vinciamo la gara per i migliori costumi di Halloween!”