La panchina (da: “Corti Circuito”) di Oliviero Angelo Fuina

– …Allora siamo d’accordo, Giaki! Ci vediamo stasera in piazza che poi andiamo a spaccare il culo ai passeri… Vedrai come il tuo qui presente amico Luca ti tira su… Stasera ho per le mani delle pastigliette giuste che ti faranno volare, fidati! Offro io, ben inteso! E ti farò scoprire cosa vuol dire vivere. Sarai così su di giri che qualche bella pollastrella vorrà subito fare un giro in giostra con te – Concluse ridendo Luca rivolgendosi a Giacomo, che stava già incamminandosi verso casa.
– Va bene, tranqui… Per le nove di stasera sono lì – Gli rispose non senza una piccolissima punta di disagio.
pensò subito dopo Giacomo
Ma stava male, inutile nasconderselo.
Quella stronza era la Nico. Nicoletta, ad essere precisi.
Il suo crimine era quello di non amarlo più.
Dall’oggi al domani, così, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

(Sai, mi sono accorto che mi mancano le serate con le mie amiche, il mio divertirmi spensierata con loro… mentre con te è sempre tutto troppo… troppo serio, già così prestabilito; …sono troppo giovane per perdere la mia libertà, la mia voglia di divertirmi senza troppi pensieri… Dai, Giaki, restiamo amici e poi si vedrà. Va bene?)

non poté fare a meno di gridare nella mente.
Queste sue parole avute in sgradito dono la sera prima continuavano incessantemente a risuonargli nella testa tanto che anche se non fosse andato a scuola ne avrebbe avuto medesimo riscontro.
La scuola, già.
(Ci diplomeremo insieme e poi andremo, sempre insieme, all’Università.)

Se lei aveva deciso che lui non andava più bene e che quello che poteva darle non bastava più se ne sarebbe fregato di continuare ad essere il solito coglione che faceva tutte le cose “a modo” anche lui. E certo!
Se il mondo era cambiato in una sera lui sarebbe cambiato per il mondo, sbattendosene di tutti.

Passò davanti alla loro panchina, all’ingresso del parco, e mille farfalle impazzite cominciarono a volargli nella pancia e dolorose fitte gli fermarono quasi il respiro in gola.
pensò
S’immaginò davvero per un attimo senza la Nico e si sentì perso. Cosa accidenti avrebbe fatto dei sogni – che adesso stringeva nei pugni – nati con lei? Cosa ne avrebbe fatto della sua stessa vita, senza poterla condividere con lei?
A testa bassa per il peso di questa “condanna” arrivò a casa.
Con una scusa nemmeno plausibile saltò il pranzo e tra lo sguardo perplesso dei suoi genitori salì in camera sua, chiudendosi dentro.
Appena buttatosi sul letto scoppiò improvvisamente a piangere con sua stessa sorpresa.
Finito di sfogarsi, prese il pacchetto di sigarette nel cassetto della sua scrivania e rimpianse di non avere qualcosa di più “forte” da fumare. Anche se non gli erano mai piaciuti più di tanto, qualche spinello con Luca, ai cessi dell’ultimo piano della scuola, se l’era fumato, quasi più per far contento l’amico che invece di queste cose ne bazzicava con buona conoscenza e genuino entusiasmo. Ma stasera ne avrebbe fumati almeno un paio e poi -chi se ne frega- avrebbe anche provato qualche pasticca “giusta” che magari davvero l’avrebbe fatto sentire meglio. Ma a Giacomo bastava anche solo che attenuassero il dolore che provava per essere stato accantonato dalla sua Nico. Anzi, dalla Nico ormai non più sua.
E mentre il buon vecchio Mark Knopfler piangeva con la sua chitarra “Brothers in arms”, lui seccava le sue lacrime e induriva la sua determinazione per “fargliela vedere”, a quella stronza, di cosa lui era capace, sbattendosene di serietà, convenzioni e di tutti quanti.

Passò tutto il pomeriggio chiuso in camera sua a fumare, a lacerarsi l’anima per ogni ricordo che tendeva agguati improvvisi e ad ascoltare canzoni che sembravano volergli dire che lo stesso dolore l’avevano già cantato e provato altri prima di lui. Maledizione, ma per lui non era solo una canzone, era l’eternità di ogni minuto che doveva ancora vivere senza di lei!
Un paio di volte dovette rassicurare sua madre, ferma fuori dalla porta chiusa, che andava tutto bene e che era solo un po’ stanco e che voleva riposare per essere in forma per la serata con gli amici.
E intanto che James Blunt mischiava lacrime e pioggia – “Tears and rain”- nella sua ballata triste, cominciò a cambiarsi e prepararsi per la serata ormai imminente con Luca.

Luca non l’aveva mai davvero frequentato fuori dalla scuola ma era uno di quelli che comunque gli piacevano perché sapeva essere fuori di testa in maniera simpatica. Era sicuramente sopra le righe in molti atteggiamenti trasgressivi ma, per il semplice fatto di provenire da lui, tutto sembrava una goliardia. Molte volte Luca aveva cercato di convincerlo a passare una serata insieme per fargli tra l’altro provare alcune delizie chimiche che erano troppo uno sballo perché, così lui diceva, non poteva mica restare sempre così inquadrato nelle buone convenzioni che altro non erano che “gabbie per non farti provare l’ebbrezza del volo e della libertà di essere davvero chi si è, cazzo!”
E stasera l’avrebbe provato. La Nico gli aveva detto che lui era troppo serio e scontato? Bene! Non lo sarebbe più stato alla faccia sua. Gli aveva dato la libertà? E lui avrebbe vissuto la libertà nel senso più completo.
Ma già mentre lo pensava, sapeva di non riuscire a convincersi del tutto nemmeno lui stesso.
Senza di lei libertà era il nome di una bugia, come diceva una vecchia canzone della Oxa.

– Ma come siamo in ghingheri! Devi vederti con la Nicoletta? – Gli disse subito sua madre appena sceso dal piano di sopra.
– No, perché? Solo per quella lì devo vestirmi bene? – replicò Giacomo in tono risentito.
– “Quella lì”, eh? Va bene… ho capito tutto. E ovviamente non mangi a casa, giusto? – disse quasi fra sé e sé la madre.
– No, dai…Lo sai, è sabato sera, domani niente scuola e quindi “Happy Hour” con gli amici e poi un qualche Pub o Music Bar per tirare l’orario –
– Per tirare l’orario prima che si spezzi del tutto quando è mattina? – replicò lei ironicamente rassegnata .
– Si, mà, stai tranquilla, su…Come sempre, no? Vado che è tardi, adesso… ciao! –
– Stai attento, mi raccomando…ciao Giacomo…- disse quasi meccanicamente la mamma suggellando il tutto col solito sospiro.
considerò mentalmente Giacomo uscendo di casa.

Erano da poco passate le otto di sera e quindi era in anticipo per l’appuntamento in piazza con Luca.
Se la prese comoda e fece il giro più lungo per arrivare al luogo dell’appuntamento, rincorrendo i suoi pensieri di rabbia e dolore in mille ipotetici dialoghi con la Nico.
Più l’inadeguatezza dei suoi sentimenti così mal ripagati ingombrava ogni pensiero e più lui piegava istintivamente la testa dal peso di questa “ingiustizia” e forse fu per questa postura a sguardo basso che si scontrò con una ragazza ferma sul marciapiede appena girato l’angolo della via.
– Accidenti! Va bene farmi i complimenti perché sono dimagrita ma venirmi addosso perché addirittura pensi io sia invisibile mi sembra un po’ esagerato – disse la ragazza, con un inspiegabile sorriso, visto il contemporaneo sparpagliarsi per terra di libri e del contenuto della sua borsetta ovviamente aperta e stracolma.
Giacomo passò dalla confusione dell’impatto al ridere di gusto per la considerazione inaspettata e divertente della “vittima”.
E le chiese scusa senza riuscire a smettere di sorridere.
– Se vuoi facciamo prima le presentazioni ma sarei altrettanto felice se mi aiutassi a raccogliere le mie cose, che ne dici? –
– Certo! … Sei incredibile! Comunque io mi chiamo Giacomo e ti aiuto come di dovere – le rispose con aria sempre divertita chinandosi a recuperare quell’Universo sconosciuto che gravita di solito nella borsetta di una donna.
– No!…Ma che, incredibile! Io sono Michela… –
– Questa poi… Ma da quale pianeta vieni, tu? – le chiese ancora stupendosi di ridere in una sera per lui rabbiosa solo un attimo prima.
– Pianeta? Io vengo da stelle così lontane che nemmeno conosci – replicò nello stesso tono divertito.
-E tu, invece, dove stavi andando così distrattamente di fretta? Continuò Michela – Forse che sei in ritardo per l’appuntamento con una ragazza? –
– Si, magari! Proprio il contrario, invece. Sto correndo per… lasciarla indietro –
– Ah! Adesso ho capito! Sei un altro egoista dell’Amore! –
– Cosa intendi dire? Io un egoista? Caso mai è il contrario! – replicò rivestendosi di colpo del malumore col quale era uscito di casa
-Senti, visto che è palese che non riesci a distanziarla tanto vale che ci togliamo dal marciapiede e ci sediamo da qualche parte così che me ne puoi parlare. –
– Ma cosa dici? Non posso! Devo trovarmi con un…-
-Ecco, quella panchina lì, all’inizio del parco, farà al caso nostro – lo interruppe lei con tono deciso di chi non ammette repliche.
Quella panchina lì era proprio la “loro” panchina.
Forse fu questa coincidenza che lo disarmò nelle sue mille obiezioni già in punta di lingua.
-Va bene…Michela, giusto? Ma mi fermo solo dieci minuti che devo davvero trovarmi con un mio amico che mi aspetta per andare a divertirci –
Lei lo guardò, sorrise, e s’incamminò verso la panchina dall’altra parte della strada.

– Perché hai detto che sono un’egoista dell’amore, prima? – chiese finalmente Giacomo una volta seduti proprio su quella panchina.
-Voglio risponderti con un’altra domanda: perché sei arrabbiato con lei? – replicò Michela, guardandolo fisso negli occhi.
Dopo un attimo di smarrimento supportato dal persistente silenzio d’attesa di Michela che aveva ignorato i suoi primi balbettii di replica, provò a risponderle:
– Sono arrabbiato perché mi ha lasciato, ecco!
– …e quindi, visto che sostieni di amarla, questo suo non ricambiarti ti fa soffrire, giusto? – continuò Michela la risposta di lui.
– Esatto! Chi non soffrirebbe ad essere lasciato dalla persona che ama? – sottolineò con una sua logica Giacomo.
– Beh… per cominciare non soffrirebbe chi davvero ama. – Fu la sibillina risposta che ebbe subito di ritorno.
– Ma che stai dicendo? Giuro che non lo capisco! Ma sei matta?
– Senti, dimmi un po’, … amare vuol dire potere e saper donare qualcosa di noi o voler ricevere qualcosa dalla persona che si dice di amare?
– Che c’entra? Significa donare qualcosa che vive nel nostro cuore ed avere in cambio qualcosa che lo gratifichi e possa… possa vivere nello stesso respiro!
– Bella frase, bravo! Quindi tu sei arrabbiato perché non stai ricevendo nulla in cambio, dico bene?
– Ma no…cioè, si… insomma…Che aspettative posso avere dal mio volerla amare?
– Ma l’Amore non ha bisogno di aspettative. Altrimenti sembra stiamo parlando di un contratto. Amare è donare e si è felici quando si ama, non quando si è amati…
– Cosa intendi dire che non si è felici quando si è amati? – La interruppe lui alquanto perplesso e in tono mal celatamente ironico
– Ti faccio un esempio pratico, se mi segui e non continui a pensare alle obiezioni da trovare mentre ti parlo – disse Michela sorridendogli
– Beh… non devo pensarle più di tanto, sai? Sono così logiche, le mie obiezioni! – volle puntualizzare Giacomo piuttosto sulle sue.
– E non metterti sempre sulla difensiva, dai… – replicò lei ridendo in modo disarmante – Ma ascoltami, mettiamo che tu da un momento all’altro ti accorgi di provare amore per una persona. Bene, da quel momento cambieranno le tue percezioni emotive e affronterai le giornate con una carica in più , tutto ti sembrerà migliore e noterai particolari che vedrai sotto una luce diversa e desidererai condividerle con la persona che ami o comunque penserai a lei, e vivrai tutto in uno stato di grazia interiore e sorriderai spesso senza motivo. Ti svegli innamorato e non sei più la stessa persona ma una persona migliore che vede la vita come fonte di meraviglia.
E adesso facciamo l’esempio contrario, cioè che da un momento all’altro, una persona si accorge di amarti.
Per te non cambierà niente se anche tu non l’ami. Ti svegli e sarai la stessa persona di sempre intenta a rincorrere prestabiliti obiettivi sociali, scolastici o lavorativi e il fatto di ricevere amore, magari quello con la A maiuscola, non fa di te una persona più felice o con percezioni esaltate da uno stato speciale di grazia interiore. Anzi, forse ti creerebbe disagio il saperlo.
Quindi sai dirmi se a rendere felici è l’amare o l’essere amati?-
Giacomo si sentì per la prima volta spiazzato nella logica del suo risentimento per questo tradimento d’amore che stava vivendo dalla sera prima.
Ma subito dopo lo stesso risentimento prese voce:
– Ma amare ed essere amati è lo scopo ultimo e l’apoteosi del vivere questo sentimento! Se di colpo la persona che ricambiava il mio amore non mi ama più come posso pensare di essere felice ancora solo perché io amo? Cosa ne ho in cambio? Non è un amore che può darmi felicità solo per il semplice fatto di continuare a sentirlo!
– Hai detto bene: non è un amore che può darti felicità perché è un amore egoistico che vuole avere in cambio l’equivalente emotivo, per gratificare appunto il tuo Ego, il tuo desiderio di essere ricambiato, così che ti venga riconosciuto valore in funzione dell’amore che ti viene dato.
Quando l’amore vive per il semplice motivo di vivere e non per poter essere ingabbiato in schematiche da “Partita Doppia”, come un bilancio aziendale, ecco che l’Ego – l’esatto contrario dell’Amore – viene sconfitto.
– Percepisco del vero in quello che stai dicendo ma resta il fatto che io senza di lei soffro e senza di lei mi sento una persona diversa, una persona alla quale manca il sentirsi come si sentiva quando stava con lei.
– Ma è dentro di te che devi ritrovare quella persona…quel te stesso che dici mancarti. Devi smetterla di continuare a vederti con gli occhi degli altri e di pensare di valere solo perché una persona ti ama e di non valere più perché quella stessa persona non gratifica il tuo amor proprio con il medesimo sentimento. La tua rabbia, e credo tu stia cominciando ad intuirlo, è data proprio dal torto che pensi di avere subito nel tuo amor proprio, nel sentirti ferito nell’orgoglio di chi crede di essere stato rifiutato. Ma sei tu a dover alimentare la dignità del tuo vivere e cominciare ad accettarti per quello che sei e non per come sei amato. Amati tu stesso per prima, ritrova dentro te l’amore così che poi potrai donarlo e verrà di conseguenza riconosciuto. Se non ce l’hai dentro come puoi pensare di poterlo donare?-
Giacomo non replicò e rimase in silenzio, colpito da parole che erano riuscite a toccare nervi scoperti che non aveva mai voluto guardare meglio.
E guardò meglio anche Michela, chiedendosi davvero da dove potesse venire una ragazza così che era riuscita a dirgli alcune cose con un’inusuale profondità e per di più con un retrogusto sorprendente di verità.
Lei gli sorrise e gli prese le mani.
– Non scappare più da lei ma prova a fermarti solo un po’ dentro te. Lei ti ha regalato una grande opportunità, impara a non vanificarla… Ehi, ma scusa – continuò lei con tono più urgente – credo di averti fatto fare tardi per quell’appuntamento con il tuo amico per andare a divertirvi!
– Ah, già… il divertimento che mi aspetta questa sera… me ne ero quasi dimenticato – disse Giacomo palesemente con poco entusiasmo.
Michela fece per alzarsi quando dalla borsetta ancora aperta e riempita prima da loro due velocemente le cadde una fotografia.
Giacomo si abbassò per raccoglierla e vide che vi era ritratto un bel ragazzo.
-Carino! – disse subito – E’ il tuo ragazzo?
– No. E’ mio fratello. – rispose lei con un tono più basso.
-E’ strano vedere una ragazza grande… e bella come te girare con la foto del fratello invece di quella, magari, del suo ragazzo… cioè… non fraintendermi, non volevo giudicarti o essere indiscreto riguardo la tua situazione, insomma…ecco…meglio che adesso vada, dai… – disse confusamente e con inspiegabile imbarazzo lui alzandosi dalla panchina.
-E’ morto. – aggiunse improvvisamente Michela – Esattamente un anno fa, oggi –
– Oh! Mi dispiace – le disse Giacomo senza sapere cosa altro aggiungere.
– Si. Un anno fa proprio oggi, in un incidente stradale. Che strano! Anche lui era appena stato lasciato dalla sua ragazzina che aveva e per reazione aveva accettato di uscire con dei suoi amici che frequentava poco…dei ragazzi un po’ sopra le righe. Morale della storia, quella sera di un anno fa bevvero molto e pare che presero anche un po’ di roba… hai capito, no? E so per certo che mio fratello non l’aveva mai presa prima. Nello stato in cui era, secondo l’autopsia, non dovrebbe nemmeno essersi accorto di finire la sua vita schiantato con l’auto del suo amico contro quel palo, al ritorno a casa. Si poteva morire di una morte più assurda e stupida? – terminò lei con una tristezza infinita nella voce.
Giacomo si ammutolì.
La panchina, l’anniversario della morte del fratello di lei appena lasciato dalla ragazza e uscito con amici per sballarsi e dimenticare…. No. Non poteva essere semplicemente una coincidenza. Si risedette di colpo sulla panchina.
– Ma che fai? Non dovevi andare? – gli chiese stupita Michela
– No. Credo che un angelo mi abbia appena dato un’altra opportunità e non la voglio sprecare
– Un angelo? Ma cosa stai dicendo?! – chiese stupita lei risiedendosi a sua volta vicino a lui
– Diciamo che sto cominciando ad ascoltarti decidendo di provare a volermi bene…e se non comincio io chi dovrebbe farlo con più competenza di me? – le rispose sorridendo Giacomo guardandola con gratitudine – ma tu – continuò lui – se non devi andare via subito avresti voglia di parlarmi ancora dell’Amore? –