Il mare di Alfredo Betocchi

C’era una volta un ragazzo che annoiato dalla solita vita, decise di fare lo scrittore. Non il solito scrittore, no. Egli avrebbe raccontato solo i suoi sogni ed ecco che quella notte sognò il mare. La mattina prese un foglio e una penna e scrisse il primo sogno:
“Sono stanco. Ho avuto una pesante giornata di lavoro.
Con la testa sul cuscino, allontano i pensieri della vita giornaliera, chiudo gli occhi e mi addormento subito. La coscienza pigra vola nella mia mente verso lidi lontani, verso il mondo dei sogni.
“Mi trovo il piedi sulla spiaggia, dinanzi ad una mare immenso, grigio, piatto. Solo, senza pensare a niente. Piccole onde placide s’infrangono e si ritraggono sulla sabbia, creando bianchi riccioli schiumosi. Io guardo l’orizzonte infinito e la mia mente è vuota. Il cielo del tramonto si copre di nuvole scure che s’avvicinano lentamente, minuto dopo minuto.
S’alza una lieve brezza fredda e un brivido scende sulla mia schiena.
Le nuvole coprono tutto il cielo e la brezza si trasforma in un vento gelido invernale. Le onde crescono d’intensità e aggrediscono con più veemenza il bagnasciuga. I miei piedi sono lontani dall’acqua, ma qualche schizzo inizia ad arrivare più vicino a me. Le onde al largo s’increspano ancor di più ed il vento ulula adesso nei miei orecchi. Tengo le braccia conserte e ammiro il turbamento della natura. Le nuvole sono diventate quasi nere e il mare agitato solleva alti cavalloni, cercando di superare la barriera terrestre che mi protegge da lui. Il grigio ed il nero dominano il paesaggio.
L’acqua schiaffeggia violentemente la sabbia e minaccia adesso di raggiungermi. Io sono sempre lì, immobile, pensoso, che guardo il mare.
Le alte onde si abbattono crudeli vicino ai miei piedi ed il terrore mi pervade, ma non mi muovo, non posso.
La forza del mare è inaudita ed esso tenta di risucchiarmi nei suoi abissi.
Il rumore del vento ha assunto un livello insopportabilmente alto.
Tutto sembra congiurare per perdermi in quella liquida tomba …”
… poi, sudato, mi sveglio nel mio letto. Guardo l’orologio: sono le una.”