Nel preludio di parole alla notte
d’altri luoghi mentali a me riflessi
e nel suono di note senza fiato
ho ingannato un tempo assente di veglia.
Lo confesso, amo sempre i miei versi
nel suono delle pause di quartine
forse inganno o forse scomodo letto
dove scorro a ritroso verso il mare.
Una volta c’era un tempo più antico
a dare voce ai presenti di scorta
e anche adesso che esterno a tavolino
nulla resta al levare dei miei giorni.
C’era quindi una volta il mio presente
che mai si è confrontato a veri sguardi
mentre il “vissero felici e contenti”
è lì che aspetta ancora un passaporto.
Il passato di cera mi si squaglia
sotto lame di sole d’altri tempi
resta solo un alfabeto muto
che mai possa svegliare chi già dorme.