Vi fu un tempo in cui il mondo si mostrava come esser fatto di vento.
Soffiava quieto accarezzando lieve la cima di tutto ciò che nel suo cammino incontrava: le verdi foglie di rami incontaminati si allungavano per poter farsi toccare facendosi cullare da quel soffio, l’erba danzava dentro quel soffio come accompagnata da un grande ballerino di valzer sensuale e i monti lasciavano che il vento li modellasse affinché non pungessero il cielo. Il suo alitare faceva giocare persino il mare che interpretava forme avvolgenti fin sopra la sabbia che apprezzava il dondolar sul bagnasciuga.
Sospirava un canto dall’armoniosa melodia senza steccar contro il grigior di colonne imperative che soffocavano l’erba ed estirpavano spazio.
C’era una volta un mondo diverso, dove l’esser cresceva spontaneo sopra la terra la nutriva, la depurava, e lui da essa traeva altrettanto, senza pretender troppo se non la propria vita fatta di rispetto e sia pur di convenienza come l’allora legge richiedeva per la sopravvivenza.
Non v’era asfalto e non v’eran case ma almeno allora c’era un vento, un vento profondo da respirare…