Scema ma non cieca di Claudia Lo Blundo Giarletta

Scema ma non cieca di Claudia Lo Blundo Giarletta

Era così semplice che non aveva mai chiamato la sua tenuta col nome di tenuta, ma semplicemente fattoria.
Non aveva voluto studiare a Londra come avrebbe voluto il padre: aveva detto che il suo diploma di ragioniera le bastava per occuparsi della fattoria. Animali, piante, era quello il suo mondo. Poi un giorno la terribile notizia. In un incidente aereo erano morti padre, madre e il loro avvocato. All’improvviso si era ritrovata sola e padrona di quel patrimonio del quale ignorava l’entità ma al quale non sembrava dare molta importanza.

Lui lo aveva conosciuto durante il funerale. Un cordiale saluto alla giovane orfana, parole di grande conforto quale solo un amico dei genitori poteva farle. Un mese dopo si era fatto preannunciare da un mazzo di rose: Marco Vattioli. Le aveva spiegato chi era: un amico dei genitori e dell’avvocato presso il cui studio lavorava; insomma forse era l’unico in grado di poterla aiutare a districarsi nei suoi problemi patrimoniali.

Lei era stata grata, tanto grata che, dopo nemmeno un anno, convolava a nozze con Marco. Un matrimonio civile officiato da un caro amico di Marco che aveva avuto la delega dal sindaco del paese. Lei aveva proseguito la vita di sempre, pantaloni da campagna, stivali da campagna e qualche volta un’uscita serale con Marco che, non amando la campagna ma le scartoffie, preferiva trascorrere il tempo in ufficio, del resto, si sa, il lavoro…!

Dopo uno o due mesi di intesa sessuale, lui aveva iniziato a darle un bacio la sera, lei gli si accucciava tra le braccia e dormivano: lei non aveva bisogno di altro anche se le avrebbe fatto piacere ricevere qualche coccola da suo marito, ma stava zitta, perché il marito era sempre più pensieroso, le parlava dei soldi che il fisco si mangiava, delle spese per aggiustare questo o quel pezzo della fattoria, insomma problemi che lo turbavano e lei, anche se in volontariamente qualche volta rifletteva che da qualche tempo i soldi si volatilizzavano, alla fine, si addormentava così, tra le sue braccia, per non turbarlo con le sue richieste.

Poi un giorno aveva visto una camicia sporca di un inequivocabile sporco di rossetto a segno di bacio. Era stata zitta, aveva provato un qualche approccio, ma Marco… era sempre stanco.

Poi Marco aveva iniziato a programmare, sempre per lavoro certo, dei viaggi a Roma, a Milano. Dopo qualche tempo aveva trovato il cellulare lasciato sul tavolino mentre lui era sotto la doccia. La tentazione era stata forte, alla fine aveva vinto e lei aveva dato un rapido sguardo ai messaggi, giusto il tempo di leggere e… capire. Uscito dalla doccia lei aveva proposto a Marco di fare un viaggio. Sarebbe stato bello loro due, senza servitù, né problemi.
“Un viaggio? Ma sei pazza, questo è il periodo in cui devi occuparti della vendemmia!”
“È vero! Magari , facciamo così, ti accompagno al prossimo viaggio che farai!”
“Ma dove vuoi andare? No, non lo so. A beh, vedremo!”
“Non mi vuoi più bene?”
“Ma cosa dici?” La voce era alterata.

Era andato da un notaio e aveva fatto testamento. “No, non sono preoccupata ma, sa dottore, dopo quello che è accaduto ai miei genitori!”
Aveva deciso: lasciava tutti i propri averi alla servitù, agli operai, a coloro che la conoscevano da anni e le volevamo bene, questo lo sapeva. Al marito lasciava solo la legittima.

Quel giorno aveva ripetuto a Marco la proposta di fare un viaggio. Marco diceva ancora che non era il caso, mentre parlavano era giunta la cameriera e senza dire nulla le aveva consegnato una busta che lei, rapida, mise in tasca. Lui la guardò sospettosa. Cosa aveva da nasconderle?
“Cosa c’è in quella busta?”
“Nulla d’importante. Sì nulla d’importante!”
“Fammi vedere.”
“Non credo sia il caso”

La sua voce era diventa dura mentre guardava Marco che ebbe un attimo di esitazione. Gli venne il dubbio che sua moglie tramasse qualcosa contro di lui. Forse aveva sbagliato nel giudicarla, forse doveva darle più sesso: ecco ora lei, di sicuro, aveva un altro.
“Fammi vedere, cosa mi nascondi. Sono tuo marito!”
“Mio marito!” Un sorriso sprezzante accompagnò le parole.
Marco riuscì a prendere la busta, l’aprì e rimase annichilito.
Tutte quelle foto! E in ciascuna c’era lui, una giovane e due bambini.
“Tua moglie, quella vera e… i tuoi figli!”
Le foto gli caddero dalle mani.
“Mio caro, posso essere scema ma non cieca o forse… cieca ma non scema? Beh fa lo stesso e, con queste prove, non avrai diritto nemmeno alla legittima.”

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11 Risposte a “Scema ma non cieca di Claudia Lo Blundo Giarletta”

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