Il più grande spettacolo dopo il Big Bang di Fabrizio Castellani

Il più grande spettacolo dopo il Big Bang

castellani– URGHH AUUU BOOOR BUUM…
Unoemezzo soppesò il sacchetto trasparente che teneva tra le mani, guardò il pesciolino dai riflessi gialli che si agitava dentro e infine decise: non poteva essere peggio di quegli ululati. Ficcò controvoglia la mano nel sacchetto bagnandosi il polsino della camicia, strinse tra pollice e indice il corpicino liscio, lo alzò fino a portarselo all’orecchio e lo fece scivolare dentro.
– AUUUU GORRG BLAS SIGNN…ore? Ecco il programma per il concerto della serata. Si diverta.
Unoemezzo ringraziò idealmente il pesce babele per la traduzione simultanea dal BeeBopiano al terrestre e si avvio verso il palco che aveva prenotato.
Guardò il programma. Sulla prima pagina recitava pomposamente “Il più grande concerto dopo il Big Bang”.
“Certo, sicuro, sarà memorabile” disse tra sé e sé.
Unoemezzo odiava tutta la musica, di qualsiasi pianeta, e trovava la lingua beebopiana la più terribile e orripilante, addirittura fastidiosa anche se tradotta dal pesce babele. Ancora non si capacitava di come si fosse fatto ingaggiare per quel lavoro, e ancor meno che nella galassia ci fosse chi trovasse piacevole il Beebopiano.
A parte naturalmente i beebopiani stessi e gli studiosi di galaidiomica.
Ma i soldi li aveva presi e a costo di farsi sanguinare le orecchie, cosa che molto probabilmente sarebbe accaduta, avrebbe svolto il lavoro.
Il posto che gli avevano dato era piccolo e scomodo, fatto per chiappe Beebopiane, ma appartato a sufficienza.
Unoemezzo, nonostante fosse alto appunto un metro e mezzo, ci stava dentro a malapena.
Pochi istanti, le luci cominciarono a lampeggiare, e quando si fermarono agì. Inutile perdere tempo.
Fece scivolare fuori dall’orecchio il pesce babele che rotolò all’interno di un cilindro metallico tozzo opaco e nero delle dimensioni di una penna a sfera terrestre – una penna Beebopiana, si sa, è molto più piccola e non avrebbe contenuto il pesce.
Poi da una tasca estrasse una scatola metallica, il RecTraV2: il più potente sottrattore vocale dell’universo. Un aggeggio che se uno avesse voluto comprarlo – ma Unoemezzo lo aveva preso in prestito due notti prima da un centro ricerche – avrebbe dovuto sborsare l’equivalente del prezzo di una piccola luna. Inserì la penna con il pesce dentro alla scatola.
Senza dimenticare prima di infilarsi due robusti tappi di gomma nelle orecchie schiacciò il pulsante REC del RecTraV2 – non puoi chiamare un aggeggio RecTraV2 senza un pulsante REC.
– AARGH BROOM SUPPP e una cantante beebopiana bassa, con i tre seni enormi e tentacoli neri sulla testa che si agitavano come grano al vento attaccò il suo pezzo.
Il pubblico trattenne il respiro, poi dopo dieci secondi esplose in un boato di giubilo.
Per gli indigeni doveva essere uno spettacolo immenso, il più grande dopo il BigBang, Lui aveva scelto quella serata proprio per quello: tanta gente, tanti suoni, miglior risultato garantito.
Per Unoemezzo fu come se un gigante stesse passando unghie affilate su una lavagna grande come una montagna, al punto che si gettò a terra e portò i palmi alle orecchie nel tentativo di contenere il rumore.
– STROM KABOOM SLAP: un maschio Beebopiano entrò in scena rombando, dando inizio a un’assordante battaglia fatta di ruggiti, ululati e gracchiar di rane.
Unoemezzo si rotolò sulla moquette sporca in preda agli spasmi fin quando il dolore d’improvviso sparì: il pesce babele stava agendo.
Il ringhio dei cantanti veniva assorbito dal RecTraV2. Contemporaneamente il pesce irradiava un’onda neuronale abrasiva che cancellava dalla mente dei Beebopiani la capacità linguistica. A sua volta il vociare confuso del pubblico alimentava il pesce che lo assorbiva e rispediva indietro modificato, e ogni parola pronunciata ne cancellava una detta dal vicino, in un loop che in una rotazione avrebbe toccato l’intera popolazione, modificato tutti i tracciati neuronali e cancellato il Beebopiano.
Secondo Unoemezzo era un bel miglioramento.
Si affacciò alla balaustra: la femmina come fulminata stava a bocca spalancata, i tentacoli ritti sulla testa come spilli.
Il maschio continuava a cantare ma dalle labbra, anziché la cacofonia beebopiana usciva un filo di suono, un fischio sommesso. Anche il pubblico si agitava.
Il bello doveva ancora venire, l’onda aveva appena iniziato la sua espansione.
Unoemezzo tolse i tappi dalle orecchie.
In galleria decine di BeeBopiani cercavano di comunicare tra loro, ma i suoni non erano più assurdi barriti: erano rantoli, fischi, respiri asmatici: – BRROM SLURP KAT… fiiii piiii
Fu il panico.
Nella sua carriera di ladro aveva rubato di tutto: armi, astronavi, lune e anche un sacro uccello; ma era la prima volta che sottraeva un idioma a una intera civiltà.
Un colpo memorabile, il più grande dal Big Bang.
Agitandosi sulle gambe tozze, incapaci di comunicare l’uno con l’altro i beebopiani corsero alle porte e sciamarono per la via.
Anche Unoemezzo si avviò.
Doveva tornare alla nave e decollare prima che il caos bloccasse lo spazioporto.
Il cliente lo attendeva alla terza luna di BeeBoop.

14 Risposte a “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang di Fabrizio Castellani”

  1. Racconto brillante e ben scritto. Una ventata di originalità anche, se a ben vedere, l’evento narrato è triste: rubare addirittura un idioma, caspita!

  2. Voto questo testo.
    assolutamente impossibile il confronto. La fantasia lucida e ironica, nell’immaginare è travolgente.
    originale, leggero e divertente, hai trovato un equilibrio fantastico, fuori dalle righe, per trattare il tema. Complimenti e alla grande!

  3. ventata di originalità! Bello e divertente. Bravo fabrizio!

  4. Bravo
    Ben scritto
    Storia inconsueta che rivela un’intelligenza non comune

  5. Non so perchè ma mi ricorda molto ” La fontana malata” di Palazzeshi e mi sembra un grande onore, quindi
    Voto questo testo 🙂

  6. Voto questo testo.

    Scorrevole e ben strutturato. Divertente e azzeccato l’utilizzo delle onomatopee, non facili da inserire in un racconto e proprie della letteratura fumettistica.
    Leggero e piacevole.

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