Racconto di un paradiso vuoto di Fabrizio Castellani

Racconto di un paradiso vuoto

castellaniSei ancora pallido, Mauricio? Pallido come quel pezzo di cielo vuoto che sta di fronte alla luna? Pallido com’era Lucio quella notte?
Ho compreso, finalmente, le ragioni della tua fedeltà d’amico, Mauricio.
Le ho comprese poco fa, quando ti ho raccontato del sogno, e di Lucio, e di quella notte.
Ho capito, dopo tutti questi anni, la ragione dei tuoi ritorni ogni cinque, sei mesi. La lettera che annuncia la tua venuta, la lancia che ti porta qui dalla città, le bottiglie di cognac. Ho capito perché ti infanghi le scarpe, e perché sfidi caldo e zanzare per raggiungermi in questo mio angolo di solitudine.
Anche tu, come Lucio prima di te, vuoi colmare il tuo vuoto con un lembo di questo mio paradiso.
Poveri sciocchi. Sciocchi amici miei. Quanto vi ho amato. Quanto mi avete amato.
Anche questo ho capito solo adesso. L’ho capito quando hai preso il revolver, come ti avevo detto di fare. Ma anziché chiamare aiuto, allertare la fattoria vicina, oppure mirare alla mia testa e semplicemente scavarci un buco di pallottola (ma sento che in nome della nostra vecchia amicizia mai avresti potuto farlo), hai lasciato l’arma riposare sul tavolo. Tra bicchieri di cognac oramai vuoti e la luce di questa lampada che puzza di cherosene e che presto esaurirà il suo compito.
Sei rimasto a riempire per pochi momenti il vuoto che Lucio, prima di te, lasciò su quella sedia a dondolo, e mi hai chiesto, come Lucio prima di te, di vedere il mio paradiso.
Hai voluto sapere di Lucio e della notte del mio sogno. Hai voluto conoscere il sentiero tra gli aranci, e poi, di fronte alla luna che ti batteva in faccia, hai tremato, emozionandoti, quando hai visto i giunchi aprirsi.
Anche tu, come lui prima di te, hai sentito sulla pelle prima che alle orecchie lo sciacquio delle acque del fiume. Quel brontolio sordo che arriva qui solo quando la notte apre i varchi tra l’erba, e gli uccelli tacciono, e tutto è più denso, e più ampio.
Hai visto il lembo di terra scura e la sabbia pericolosa. Hai visto il mio paradiso. Il mio posto incontaminato, dove nessuna anima vive.
Allora mi hai chiesto: « è questo il posto? È qui dove hai ammazzato Lucio? »
« Si, è questo il posto che cercavi. É questo il paradiso » ho risposto.
Poi ho sparato.
Adesso la sedia a dondolo accanto a me è di nuovo vuota, così come il mio mondo è come dev’essere. Vuoto. Completamente vuoto.
Chissà, caro Mauricio, quando il mio cadavere galleggerà nelle acque scure del fiume a faccia in giù com’è destino che sia, com’era nel mio sogno. Quando anche io sarò un corpo marcio come questa terra, marcio come queste acque di palude, marcio come voi.
Chissà quando, vecchi amici miei, tu e Lucio verrete a prendermi.
Allora saremo di nuovo assieme e il paradiso, senza più neanche il suo custode, sarà vuoto.

NDA: Liberamente ispirato a “Racconto con un fondo d’acqua” di J. Cortázar (1914-1984)

25 Risposte a “Racconto di un paradiso vuoto di Fabrizio Castellani”

  1. Fabrizio colpisce ogni volta! Meriti tutti i complimenti di questo mondo.

  2. Voto per questo.
    Testo asciutto che scorre veloce fra le dita e i pensieri quasi come una preghiera del protagonista eppure intenso e carico.

I commenti sono chiusi.